Project Description

Franco Dacquati

LE OPERE

BALLERINE

BALLERINA ALLA SBARRA

L’ESCLUSA

BALLETTO DI NEW YORK

QUATTRO BALLERINE

SCARPETTE DA BALLO

OLGIATE CALCO

CHIOGGIA

PORTOVENERE

IL BRUGO

NEVE SOPRA CUNEO

SARDEGNA

ULTIMA BAITA DEL MONTEROSA

LA BISALTA A CUNEO

IL PO DI GORO

COPENHAGEN

CANTIERI DI CHIOGGIA

CASE A DUBROVNICH

FIGURA DI DONNA

LOREDANA

CHICCA

DONNE SU POLTRONE

RAGAZZA CHE LEGGE

FIGURA

PARIGI

SUONATORI

CONCHIGLIE

CAPPOTTI

FIGURA DI DONNA

LE CAVE DI MARMO DI CARRARA

Franco Dacquati
Franco Dacquati
BIOGRAFIA
Nato a Milano nel 1910, Franco Dacquati si diploma all’Accademia di Brera.
Nel 1942 – 1944 è inviato artistico sui fronti di guerra. Dal 1946 al 1952 firma la rubrica di critica d’arte per il milanese Corriere degli artisti. Come autore ha partecipato a numerose mostre nazionali e internazionali, tra cui la “Nazionale del Mare” (Genova 1948), la “Biennale di Milano” (1950 e 1958), la “Mostra regionale d’Arte Sacra” (Milano 1968), le mostre della Resistenza del Primo e Secondo Risorgimento (Milano 1970). Tra i temi ricorrenti dell’artista, a partire dagli anni ’60, il mondo della danza classica. Muore a Milano nel 1988.
Ha esposto anche in numerose personali, aggiudicandosi, fra gli altri, i premi “Leonardo da Vinci” ed “Emilio Gola”. Oltre che in Italia, ha lavorato in Francia, Paesi Bassi, Svizzera e Grecia. Sue opere si trovano al Museo del Risorgimento di Milano e presso importanti gallerie d’arte e collezioni private.

CONCEPT

IL FASCINO DISCRETO DEL SILENZIO

Cercare di storicizzare il percorso di un artista come Dacquati o, per lo meno, cercare di inserire l’artista in un preciso ambito storico, è operazione fondamentale di memoria documentale. Di questo artista hanno scritto notevoli interventi, critici d’arte del passato, come Paolo Biscottini, Curzia Ferrari e Giuseppe Martucci, solo per citarne alcuni. Nel contestualizzare l’arte di Dacquati ci sembra doveroso riportare alla luce stralci dell’analisi che essi hanno fatto intorno alla figura di questo artista.

Nel corso della sua carriera, sviluppatasi, sin dalle prime decadi del secolo scorso, soprattutto intorno all’influenza culturale di Milano, e poi dipanatasi in esposizioni e presenze in Olanda, Grecia, Svizzera, Francia, Spagna, Franco Dacquati ha voluto dimostrare una libertà espressiva che non prestava il fianco a catalogazioni specifiche in ambito alle principali correnti che hanno segnato il Secolo Breve. Questa caratteristica è fattor comune nelle descrizioni critiche dei colleghi, anche se, come vedremo, ci sono aspetti peculiari della sua opera che creano un continuum, un fil rouge, che identifica e individua la produzione di Dacquati in elementi pittorici e intimistici chiaramente individuabili.

Al riguardo del suo stie, scrive infatti Biscottini: “La collocazione di Franco Dacquati nell’ambito della cultura artistica milanese fra l’inizio degli anni ’40 (si diploma nel 1941 al Liceo Artistico) e il 1988, anno della sua morte, è certamente cosa non facile sia per il continuo trasmigrare dell’attenzione del pittore su temi e tecniche diverse, sia per quella sorta di isolamento pittorico in cui condusse la sua esistenza. Così se è possibile, e talora doveroso, riconoscere in Dacquati parentele artistiche certe e inconfutabili, queste si mescolano spesso tra loro, suscitando opere di difficile lettura e comunque non assimilabili ad un percorso artistico lineare.”

Anche Giuseppe Martucci sottolinea questo aspetto: “…un artista poco incline, come si è visto, a scegliere, un indirizzo univoco in cui convogliare le diverse esperienze e i diversi moti del sentire. Resta Franco Dacquati sostanzialmente un battitore libero, un pittore fuori dagli schemi, dalle correnti, dai movimenti. Questo è forse il primo tentativo di far luce su una materia eterogenea e spesso incoerente, ma non per questo priva di una sua specifica qualità pittorica e di una sua intrinseca poesia. Una produzione anomala, eppure affine alla vita e alla cultura di quarant’anni di storia milanese, dove accanto ai grandi avvenimenti gli altri, quelli ritenuti minimi, han comunque avuto importanza. Così è possibile stabilire precisi riscontri fra questa pittura e il giornalismo del tempo, il costume di un’epoca, la letteratura e la poesia ancora da rileggere.”

Anche Curzia Ferrari sostiene che: “Franco Dacquati è certo pittore di particolare collocazione”.

Vogliamo essere sicuramente con Biscottini quando individua, in ogni caso, alcune caratteristiche peculiari del fare di Dacquati, trovando quelle assonanze con il realismo lombardo degli anni ’40 che ci paiono evidenti nella pennellata e nello studio delle soluzioni chiaroscurali, che tanto affascino nelle sue opere, come in tutte le declinazioni della pittura di quel periodo. Si trova, nei lavori di questo artista, anche questo “realismo vivace e talora anche chiassoso con ricorrenti tendenze di marca espressionista” (sempre Biscottini).

Va notato che lo sviluppo del soggetto, in Dacquati, è sempre espressione di un veduto in prima persona, un rigore esclusivo nella prassi del dipingere, che rimanda alla convezione impressionista della scelta del tema da esprimere nell’opera, che l’artista non dimentica mai. Una scelta concreta e consapevole che già riconduce a quel fil rouge di cui si diceva, intorno alla libertà delle scelte stilistiche nelle sue opere. C’è, poi, un particolare uso sapiente e forse orgoglioso nella capacità di saper dare volume al rapporto tra i grigi e i bianchi, alle gradazioni dei colori neutri e, non ultimo, alla formazione della luce e delle ombre che ne derivano. Specialmente con la tecnica della tempera, gestita con armonia e sicurezza, le tele del Maestro crescono in eleganza e austerità e riescono, nel contempo, a infondere un atmosfera di dolcezza pacata, nesso che ha a che fare con l’aspetto principale di tutto la sua produzione, aspetto di cui dobbiamo parlare in seguito.

La scelta degli argomenti delle opere di Dacquati deve provenire da un elemento comune, il desiderio di una ricerca estetica esteriore e una meditazione interiore sull’oggettività della bellezza. Ecco perché insieme ai nudi e alle ballerine, che lui studia frequentando La Scala di Milano, catturando scene di bellezza sempiterna, troviamo il paesaggio urbano, la veduta di edifici esotici in paesi stranieri, scorci o panoramiche, di luoghi trovati e cercati, in itinerari che sembrano affermazioni di un esistere, di un essere in un luogo.

Una caratteristica comune a tutto il suo percorso è sicuramente anche quella dove si scorge la sua personale presenza visiva. Quale che sia il soggetto espresso, Dacquati riesce a porre agli occhi del fruitore dei suoi lavori, la sua partecipazione materiale. Lui che osserva la scena veduta, il soggetto da dipingere. Il punto di vista delle sue opere, non è dello spettatore che gode il quadro, è quello di lui e noi, a fianco, che assistiamo insieme dell’immagine che l’artista ha scelto mentre l’ha davanti agli occhi.

Dacquati ha voluto anche misurarsi con l’astratto, con le geometrie, la scultura, i cementi, il legno, in una produzione che desidera creare un nesso con certe espressioni a lui contemporanee. Lavori che manifestano ancora una volta la libertà creativa ma anche la vitalità di saper cogliere una sorta di sfida, nella dimostrazione di sapere cimentarsi con assoluta disinvoltura in territori dell’arte che destano attenzione e considerazione. Eppure anche qui, il segno distintivo delle sue colorazioni, delle sue tonalità, dei suoi grigi, rimanda al suo incedere.

Un altro momento topico della produzione di questo artista, siamo negli anni ’80, ormai l’artista è maturo negli anni, è la realizzazione di tele che trovano un potente pretesto narrativo nell’illustrazione delle cave di marmo di Carrara, viste dal vivo, colte nella materia, ancora una volta nei volumi e nelle luci, a desiderare di raccontare un rapporto con la forma pura, in simbiosi con la natura. Qui, Dacquati arriva a lavorare per sottrazione, arrivando a proporre un essenza pittorica che sia la summa del suo saper fare, segni che descrivono la forma, forma che si svela nell’essenza di una tavolozza basilare e sobria.

In una carriera artistica costellata da riconoscimenti prestigiosi ( Premio Leonardo Da Vinci e Premio Emilio Gola), partecipazioni illustri (la biennale di Milano nel 1950 e nel 1958, Accademia dei 500, nel 1970), impegni autorevoli (è stato a sua volta critico d’arte, maestro insegnante di pittura alla scuola Augusto Colombo di Milano) e numerose esposizioni personali, questo artista, è riuscito a costruire intorno a sé un pubblico di estimatori e collezionisti che hanno sempre amato le declinazioni del suo fare. L’uomo, va detto, è figlio del suo tempo. Qualsiasi artista subisce l’influenza della storia a lui contemporanea, e Dacquati ha visto coi suoi occhi la Prima Guerra Mondiale, ha partecipato alla Seconda, è riuscito addirittura a organizzare una mostra, “Artisti Sotto Le Armi”, in Sicilia. Le opere poi verranno distrutte dai bombardamenti. È stato Partigiano, ha partecipato quindi ai moti di ribellione all’orrore della dittatura.

Forse è qui, nell’intimo profondo della sua psiche, che troviamo quel fattor comune a tutto il suo percorso, alla sua opera, un dolce e riflessivo silenzio ristoratore, quella dolcezza pacata che ha il fascino di una serenità silenziosa, momenti di intimo raccoglimento. Così sono le sue opere, un voler osservare la bellezza, per lasciare tutto il resto lontano e offrirla nella sua essenzialità.

Federico Caloi
Critico d’Arte