RIFLESSIONI D’ARTISTA

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“RIFLESSIONI D’ARTISTA”

Mostra collettiva di Arte Contemporanea

dal 3 al 17 febbraio 2021

con la collaborazione
del Critico e Storico dell’ Arte Giada Eva Elisa Tarantino

La mostra è visitabile virtualmente e sarà presentata in TV

da Tony Parvizyar

Domenica    7  febbraio su CANALE ITALIA 127 dalle 14.00 alle 15.00
Sabato        13  febbraio su CANALE ITALIA 134 dalle 14.00 alle 15.00
Domenica  14  febbraio su CANALE ITALIA 127 dalle 14.00 alle 15.00

ARTISTI IN MOSTRA:

Angelo Piccolo, Barbara Legnazzi, Claudio Marangoni, Dario Murri, Fabrizio Romano, Gabriele Marchesi, Gianantonio Cristalli, Giuseppe La Rosa,  Jessica Domina, Marco Tansini,  Michela D’Ottavio, Paolo Camporota, Pietro Panza, Sara Forte e Sonya Cipro

“Riflessioni d’Artista”
 Concept a cura di Giada Eva Elisa Tarantino

E tutto mi sa di miracolo;
e sono quell’acqua di nube
che oggi rispecchia nei fossi
più azzurro il suo pezzo di cielo,
quel verde che spacca la scorza
che pure stanotte non c’era”.

(Salvatore Quasimodo, Specchio, dalla Raccolta “Acque e terre”, 1930)

Un’ubiquità sognata, una prescienza, che fanno di un singolo uomo una totalità; ed una corrispondenza segreta fra l’animo in trepidazione che si annienta Sentendo, e ciò che di questo mondo lo empie ed attraversa ridestandolo a se stesso, allo specchio supremo dell’Opera d’Arte. L’Artista rivive oltre sé, si dona stemperando in mille rivi il proprio cuore nel dipinto, egli riflette “Acque e terre”, immagini adorate, che lui stesso, come nessuno, ha generato nella nostra coscienza e sulla tela prima ancora che fossero, prima che avessero un nome, nel gesto puro pittorico che sopravanza oggettività e natura, corpo e logica, tempo e disfacimento, nell’eternare esse stesse e sé nel Colore. Arcadia Art Gallery presenta la Rassegna “Riflessioni d’Artista”, nell’avvalorare – in quanto alveo e fucina dei più coinvolgenti ed eminenti Percorsi espositivi e di riflessione -, la portata prodigiosa, anagogico-immaginativa, dell’Atto demiurgico, la transoggettività eminente del suo puro venire alla luce per portarci via, per disvelarci chi siamo, per rammentare che ancora esiste un luogo ove tutti possiamo vibrare all’unisono, senza perire, e quel luogo è l’Arte; “Riflessioni d’Artista”, quindi, per rammentare che Vita equivale a coscienza, a sacrificio di sé, ad Ideale, a un nuovo mondo in cui ancora credere, alla verità a cui mai avremmo osato guardare, all’universale, specchio d’ogni possibile orizzonte.

Speculum animae: etimologicamente il termine “Riflessione” (ant. Reflessióne, e dal lat. tardo reflexio –onis, ovvero ‘ripiegamento’, der. di reflectĕre: v. riflettere, e reflectĕre, ossia ripiegare, volgere indietro), richiama in effetti un dialogo di rimando, quell’analogia (dal lat. analogĭa, gr. ἀναλογία, «relazione di somiglianza, corrispondenza) anche figurale, che ‘lega’ idealmente estremi ad un primo sguardo inconciliabili, un riverberare pensieri e sensazioni, la creazione d’un alterco che generi nuovo lume, l’estesìa che tolga il fiato, il ricordo che dilaghi. Ed ancora, “Riflessioni”, ci conduce al fulcro scientifico del termine e d’ogni nostra umana Visione: nelle trattazioni d’Ottica di Isaac Newton, quindi, laddove alla genesi teorica dei Colori, “[…] la riflessibilità (dei raggi di luce) è quella disposizione per cui sono atti, quando incidono sopra un mezzo qualunque, a essere rimandati dalla superficie del medesimo, nuovamente nello stesso mezzo da cui provenivano” (“Optiks”, 1907; I, III Definizione).

L’Artista riflette il mondo, egli si porta dentro quell’ “eco delle immagini” – per dirla con Jünger -, quello “Strahlung” (‘irradiazione’) che presupponga l’interazione tre fisico e metafisico, a seguito dell’ “impressione che il mondo e i suoi oggetti hanno provocato sull’autore, il sottile intreccio […] la vita nascosta [nella quale] l’ordine degli oggetti visibili vige secondo il loro rango invisibile” (Ernst Jünger, 1938), a soverchiare il divino, l’universale, una dimensione polisensoriale, che nel riverbero interiore ci colga come lembi di cielo in terra; e questo mondo a sua volta si specchia nell’Opera d’Arte riflettendo all’Artista di rimando, il quale attonito si trova davanti alle vette ed ai baratri di se stesso. Tale è il senso della Rassegna sapientemente edificata da Arcadia Art Gallery, “Riflessioni d’Artista”: quel miracolo attraverso il quale, nei secoli – dalle Pitture rupestri delle Grotte magdaleniane di Lascaux alla rudimentale analitica della suprema Visione di Braque con il Cubismo, dalle Pitture a fresco degli ipogei romani ai registri aurei degli Archi di trionfo, dai miraggi del Pointillisme di Seurat alle riflessioni di Polke (Artefice intimamente annidato in quel retino tipografico che la luce fisica infrange, per emotivamente poterla ritrovare) in merito all’indecifrabilità dell’immagine riprodotta a stampa offset (in particolare, nel Ciclo dei Rasterbilder, 1964-1969), e dai pavimenti in Opus alexandrinum in Bisanzio poi in Stile cosmatesco (XII-XIII) all’Optical Art di Vasarely fra geometria e oblìo, ed  – ancora -, dallo specchio convesso dipinto dal fiammingo Jan Van Eyck (1390-1441) all’irruzione del reale riverberato come fosse infine corpore dell’inconscio nelle litografie di Escher, alla vacuità smisurata e creatrice delle sontuose membrane scultoree riflettenti di Anish Kapoor (con accento particolare in “Sky Miror e Cloud Gate”) nei nostri giorni, fino a rimandare agli apici supremi dell’Arte e della Biblia pauperum, dell’ontologia, delle dottrine escatologiche, quella coscienza stanata a se stessa del Ciclo d’Affreschi alla Cappella Sistina di Michelangelo -, siamo stati qui e altrove, l’uno nell’emanazione o nella Memoria eidetica dell’altro. Dalle pathosformeln archetipiche a segnare tracce di senso univoco in un itinerario secolare (Aby Warburg, 1905, poi confluite nel Mnemosyne Atlas), e dalle icone atemporali di Rublëv, all’annientamento figurale e cronologico in serie di Andy Warhol, fra ieraticità e serigrafia, arcaico e moderno, assenza e preghiera d’intimità, privato e corale smarrimento: quella totalità senziente in ogni Artista che, come “acqua di nube” (Quasimodo, Incipit), e nonostante i tempi bui, il miracolo umano dell’Arte smisuratamente rifletta.

Giada Eva Elisa Tarantino
Critico e Storico dell’Arte

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